Proprio dal mare possiamo partire per soffermarci su una modalità di recupero del cibo, tipica delle attività che oggi definiremmo di “supporto logistico” all’interno del porto di Genova: il minestrone fritto. Il senso autentico di questa ricetta è bene espresso da quanto scrive Vito Elio Petrucci (1923 – 2002) in uno dei suoi testi dedicati alla storia e alle tradizioni di Genova: “È la ricetta più semplice del mondo, ma la più dimenticata. Quando una massaia di ieri doveva fare il minestrone, tirava fuori la pignatta coi quattro mucci, quelle vecchie pentole di terra panciute con le quattro maniglie, che la fantasia popolare ha chiamato mucci (il “muccio” in genovese è la crocchia dei capelli, ndr). La regola era farne tanto, che ne avanzasse anche per la sera. Quando è bello freddo, sodo, compatto, che regge in piedi il cucchiaio, allora lo si può tagliare a pezzetti e friggerlo in padella, con pochissimo olio. Recupera il calore, moltiplica il gusto e la piccola crosta, quasi una bruciatura, aggiunge un brivido d’amaro”.
Stiamo parlando, s’intende, del “minestrone alla genovese” (“menestrùn a la zeneise”). In questo senso il minestrone fritto era un’abitudine per molte famiglie. Esso però è stato legato, in modo particolare, a una delle tante attività che si sono svolte per secoli all’interno del porto di Genova e che aveva dato origine a una specifica corporazione, quella dei “cadrai” o “catrai”. Si trattava degli addetti a vere e proprie piccole osterie galleggianti, montate su gozzi o chiatte, che, avvicinandosi a vascelli e galeoni, vendevano piatti fumanti di minestrone, tutti rigorosamente al pesto e triplo aglio. Scrive, infatti, il giornalista Franco Accame (1927 – 2010), un altro grande appassionato cultore delle tradizioni genovesi, proprio a proposito del singolare rapporto tra minestrone genovese e attività marittime: “C’è un piatto che difficilmente si direbbe associabile alla vita di bordo poiché decisamente terrestre, ma che è diventato ospite graditissimo grazie al favore dei marinai, che lo hanno fatto conoscere ovunque.
Se il nostro minestrone ha fatto il giro del mondo lo si deve infatti principalmente al canale marittimo”. Solo che, pur imbarcandolo alla partenza, il minestrone a bordo non poteva durare a lungo, per cui si può ben comprendere come, tra i prodotti che i “catrai” si affrettavano a offrire, da sotto bordo, ai marinai in arrivo, spesso dopo navigazioni di lungo tragitto, ci fosse proprio in primo luogo quel minestrone fumante, che ormai non gustavano più da tempo. Non mancava l’aspetto, per così dire, dietetico, per l’ampia presenza nel piatto di verdure, come zucchini, spinaci, melanzane, e naturalmente il basilico, ingrediente base del pesto.
Il minestrone – insieme ad altri prodotti (stoccafisso, focaccia, torte salate, e naturalmente vino bianco) – veniva offerto anche ai marittimi forestieri, ossia non genovesi, e ai passeggeri delle navi in arrivo. Tutto questo ne richiedeva la preparazione in quantità ingenti, ed era facile che, al termine del giro giornaliero, ne avanzasse parecchio. Di qui l’esigenza del riuso: friggerlo in padella era possibile, in qualche caso, sulle stesse imbarcazioni “di servizio”, oppure portandolo a casa alla sera. Va aggiunto un particolare altrettanto curioso: una diffusa spiegazione sull’origine del termine “catraio” lo accomuna alla medesima radice del verbo anglosassone “to cater”, “provvedere il cibo”: concetto, questo, che richiede saggia programmazione e, nel caso di errori di valutazione, pronta capacità di riuso del cibo avanzato. In tale senso, la tradizione dei “catrai” del porto genovese – risalente a secoli or sono – rappresenta, sotto diversi aspetti, come si vede, una sorta di antenato dell’odierna attività di “catering”.
Ingredienti (per 6 persone) per il minestrone alla genovese:
200 g di fagioli rossi sgranati (o una scatola di fagioli tondini lessati),
100 g di fagiolini verdi,
1 melanzana,
2 patate,
2 zucchini,
pesto (almeno una tazzina da caffè),
300 g di pasta (in preferenza bricchetti) o riso.
Preparazione:
mettere nell’acqua bollente salata i fagioli, la melanzana pulita e affettata, i fagiolini verdi, le patate, gli zucchini affettati e alcuni cucchiai d’olio. A cottura completata, buttare la pasta e, quando sarà cotta, aggiungere nella pentola anche il pesto. Il minestrone che sarà avanzato, divenuto freddo e compatto, potrà essere tagliato a pezzetti e fritto in padella, con poco olio.
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